mercoledì 25 novembre 2009

La piattaforma solare

continua dal post precedente

Guardando sopra il pelo della nebbia
ci si rende conto che non si è soli a camminare:
altre file di persone stanno solcando lo stesso percorso,
da punti di partenza diversi,
ma verso la stessa meta.

Le file di trampoli giungono ad una piattaforma area:
è una costruzione stabile,
che sormonta lo strato di nebbia,
fatta con il legno dei trampoli di chi è arrivato fin lì.

Mentre il Sole risplende nel cielo,
un gruppo accoglie i nuovi arrivati,
aiutandoli a salire e facendoli accomodare su ampi cuscini.

Da qua si possono vedere i voli che partono e rientrano:
macchine costruite appositamente per viaggi aerei.
Alcune, le più sofisticate, riescono a raggiungere il Sole.

I viandanti si preparano per proseguire il viaggio
ad un altro livello.

Buon percorso
a te che cerchi

domenica 22 novembre 2009

Un cielo senza nuvole

continua da post precedente...

Il percorso procede in fila indiana,
senza più torce.
Il primo della fila è quello più alto,
che riesce a svettare sopra la nebbia,
gli altri stanno "a ruota",
tenendo ben fisso lo sguardo sui trampoli di chi sta davanti.

I trampoli si estendono a diverse altezze,
chi impara a camminare ad una certa altezza
lo ricorda per tutta la vita.

Solo che a volte qualcuno scende e se la fa a piedi.
Prevale infatti il pensiero che andare sui trampoli sia faticoso e artificiale:
in realtà si deve faticare di più per stare al passo con chi ha la gamba più lunga,
e bisogna portarsi pure i trampoli sulle spalle...
In alcune situazioni di questo genere
può capitare che qualcuno mandi al diavolo trampoli e fila
e si perda di nuovo nella nebbia,
alla ricerca di una torcia.

Chi riesce ad estendere i trampoli in misura sufficiente
inizia a vedere un chiarore sopra la nebbia
un chiarore che cresce e in alcuni momenti diventa luce...
e vede qualcosa che da tempo cercava,
una sensazione familiare pervade il cuore:
un cielo senza nuvole si staglia oltre la nebbia,
rischiarato dalla luce del Sole.

Lì si vede la reale differenza tra la nebbia e l'aria tersa,
e si prova reale orrore per quella coltre grigia che ci avvolge.

To be continued...

mercoledì 18 novembre 2009

La scuola di trampoli

continua dal post precedente...
Si arriva in un posto speciale:
molti fuochi intorno,
grandi e piccoli,
fanno da corona ad un pozzo di acqua cristallina.

L'acqua del pozzo ha tanti utilizzi.
Disseta,
Pulisce,
Rispecchia.
E talvolta nasconde tesori nelle sue profondità.

Perchè tanti fuochi circondano il pozzo?
Un fuoco da solo rischia di spegnersi,
ma tanti fuochi possono tenersi accesi a vicenda.

In questo luogo apprendiamo l'arte dei tampoli,
per camminare sopra il livello della nebbia,
per poter raggiungere la luce del Sole.

Sono trampoli di diverse altezze:
più si è in alto più la caduta fa male,
ma ad ognuno vengono assegnati i trampoli secondo le proprie capacità.
La regola principale quando si cade è rialzarsi subito e riprendere.

Una palestra per trampolieri:
ognuno deve curarsi di imparare a stare in equilibrio, e per stare in equilibrio bisogna camminare (chi sta fermo sui trampoli...cade).
I trampolieri devono aiutarsi l'un l'altro, quando uno rischia d cadere gli altri devono sorreggerlo (se un trampliere cade...rischia di tirarne giù tre o quattro degli altri).
I fuochi vanno tenuti accesi, l'acqua pulita, i trampoli in ordine (se non si cura la scuola di trampoli...si perde una possibilità per molti).

Appoggiati ai lunghi sostegni di legno,
le gambe, un tutt'uno col legno,
un nuovo gruppo di trampolieri si incammina lungo il percorso,
verso la prossima meta.

To be continued...

lunedì 16 novembre 2009

Cercando il Sole

Cammino nella nebbia, senza una direzione.
Sto cercando chiarezza, sto cercando la luce del Sole.
Davanti a me il manto candido riflette luci di fuoci fauti, inconsistenti e fuorvianti.
Si spacciano per il Sole, ma svaniscono in pochi minuti, lasciandomi ancor più confuso.

D'un tratto una luce più sanguigna,
un falò acceso per la strada,
intorno, accovacciate, altre persone che ascoltano.
Il calore rinfranca i nostri cuori stanchi,
la luce dirada la nebbiolina e permette di vederci in faccia.

Si parla di come arrivare alla luce del Sole,
tracce di un percorso sulla sabbia,
la necessità di alzarsi e camminare,
seguendo quello con la torcia.

La torcia non è il Sole,
ma permette di camminare nella nebbia.
Chi ha la torcia ha già visto il Sole e sa come raggiungere la sua luce.

Il percorso è lungo:
qualcuno si perde,
ingannato da fuochi fauti,
gli altri rimangono vicini
e si aiutano a vicenda per non perdersi di nuovo.

La torcia illumina la strada,
spezzoni di vita di persone perse,
che non riconoscono la luce
neppure quando gli passa davanti al naso.
Adesso so perchè:
tengono gli occhi chiusi.

To be continued...

martedì 10 novembre 2009

Le sabbie mobili

Si dice che l'amore non è bello se non è litigarello.

Ieri ne parlavamo io e Vale, pensando alle coppie che conosciamo:
più o meno tutti litigano,
alcuni lo fanno vedere altri no,
ma soprattutto
alcuni litigano per le stesse identiche ragioni,
magari per una vita intera...

Quando io e Vale continuiamo a litigare per lo stesso motivo,
è evidente che c'è un blocco, c'è un ostacolo che va superato.
In quel caso é veramente frustrante,
perchè sembra di essere impantanati nelle sabbie mobili,
ad ogni passo si affonda.

Il pericolo è l'adattamento.
Sento che una parte di me ci starebbe bene in quella situazione,
pur di non muovere un passo,
sarebbe disposta a fare una vita di adattamento.

Se mi guardo intorno vedo spesso coppie che si adattano,
litigi che da acuti diventano cronici,
a volte anche folcloristici,
ma comunque frutto di un adattamento:
"io non voglio cambiare e neanche tu, quindi sopportiamoci".

Una volta ho letto che c'è un metodo per uscire dalle sabbie mobili:
bisogna fare dei passi indietro, come se si salisse una scala al contrario.

Cambiare vuole dire anche fare dei passi indietro,
dei passi che ci fanno uscire dall'impantanamento
e ci portano in alto.

Litigi d'amore

domenica 8 novembre 2009

Tempo di raccolto

Festa di compleanno per mia madre.
Sono in tensione per il "cosa penseranno".
Il motivo è la torta che ho fatto con Vale ieri: spero che piaccia, ma temo che verrà criticata.

Se l'avessi fatta per i miei amici non sarei così in tensione ma: mia madre, mio padre, mio fratello.
La famiglia al completo, davanti alla nostra torta. Ed è come se sentissi che è la mia vita ad essere sotto giudizio.

Mi rendo conto che la mia famiglia fa del giudizio un'abitudine quotidiana.
E' uno dei meccanismi chiave che regola la mia vita, fin da piccolo.
Quando sono con loro continuo a criticare, interiormente ed esteriormente.

La persona che critico di più? mio padre.
La persona da cui vorrei ricevere approvazione? mio padre.
La persona a cui faccio meno complimenti? vabbè l'avete già capito...

La famiglia è la culla dei meccanismi, quelli più radicati, che si stenta quasi a vederli.
Ma è anche la culla dei nostri talenti.

Grano e gramigna abbracciati insieme fin dalla nascita.
Ma quando il grano è maturo, cosa ce ne facciamo della gramigna?

La prigione del cosa penseranno

L'altro giorno ho visto un bel filmato di una conferenza e mi ha colpito una frase:
"là dov'è il nostro pensiero, è la nostra energia".

A me, questa frase, aveva colpito in relazione ad un aspetto peculiare del nostro essere umani.

Ho appreso, e ho potuto verificare nella mia vita,
che molta energia viene spesa nel sembrare più che nell'essere:
vogliamo apparire belli, intelligenti, astuti, generosi, potenti, ecc.
ognuno secondo quel che gli suggerisce la sua tipologia.

Questo perchè la nostra mente è occupata in gran parte a produrre pensieri del tipo:
"cosa penseranno di me se faccio questo?"

Dove va il pensiero, va l'energia.
Ma poichè la nostra energia quotidiana è limitata,
cosa resta per l'essere?
quale energia utilizzerò per crescere interiormente,
per attivare il benedetto processo di cristallizzazione?

Riportare l'attenzione al sè.
Per quello che è.
Adesso.

La prigione del "cosa penseranno"
è piena di finestre
ma scarsa di specchi.

sabato 7 novembre 2009

La fabbrica di cristalli

A pranzo dai miei: si parla di vaccini anti-suini e amenità farmacologiche.
Guardo mia madre, la ascolto mentre argomenta, dentro di me sento un sorriso che nasce.

Mi ricordo le sue posizioni sulla mia scelta di non prendere farmaci, che ho iniziato qualche anno fa. Era contraria, preoccupata, non si fidava della mia capacità di scelta, autonoma rispetto ad un medico.

La vedo adesso, che parla di sistema immunitario, di vaccini pericolosi, di alimentazione...
Se ripenso a me qualche anno fa, non avevo la certezza che ho adesso sul senso di questa scelta. Pur evitando medicine, avevo dubbi, paure di fare la cosa sbagliata, di uscire dallo schema generale di comportamento.

Malattia dopo malattia, è cresciuta in me la consapevolezza di cosa voglia dire "malattia" e di quanto assurdo sarebbe prendere una pillola per annullare il messaggio che la malatta porta con sè. Questa certezza ha iniziato a "cristallizzarsi", come una piccola roccia calcarea, formata con l'acqua e con il tempo.

Quello che l'insegnamento di quarta via mia aiutato a vedere è proprio questo: la mia vita è instabile, liquida: tutto accade senza la mia volontà e quindi dipende dalle influenze esterne.
Pericolo suina, terrorismo psicologico, delirio di massa... faccio il vaccino.
Ma se mi impegno nella presenza, posso creare dei piccoli spazi di costanza, di stabilità: posso cristallizzare in me una conoscenza e un comportamento coerente.

Allora, e solo allora, questo comportamento può avere un effetto reale sulla mia vita e sulla vita delle persone che mi stanno attorno.

venerdì 6 novembre 2009

Stato di necessità o necessità di stato?

Nel film di stasera, un vecchio tarmato, di quelli che sanno di caramelle alla menta,
vuole arrivare a tutti i costi in sudamerica e portare la sua casa sulle cascate paradiso.
Ha fatto una promessa alla moglie, prima che morisse.
Così riempie di palloncini areostatici la casa, che si solleva in volo, e raggiunge quasi subito le cascate.
Dopo venti minuti, il film potrebbe finire qui.
Lui si siede sul divano e sospira. Basta.
E adesso? Ora che ha raggiunto la meta?

Non vi sto a raccontar la trama, ma da qua partono una serie di avventure che lo cambieranno profondamente nell'animo e che gli permetteranno di tirar fuori energie nascoste.
E soprattutto lo porteranno da uno stato di apatica tristezza all'amore frizzante per l'avventura.

Nella vita è più interessante raggiungere lo stato che la meta.
Perchè lo stato aiuta a raggiungere la meta, ma il contrario no.

Eppure, che scemi, spesso pensiamo proprio così:
"dopo l'università inizia la vera vita"
"una volta sposato sarò felice"
"un figlio, un figlio si che mi porterà ad uno stato di grazia"
"Dopo la pensione, farò quello che mi pare e... sarò felice"

Sulla tomba scriveremo:
"Morto mentre cercava quello che già aveva"

giovedì 5 novembre 2009

Geometria del multisala

un attimo prima...
un attimo dopo...
restare è lo scopo.

Stasera nel salone si è parlato di leggi geometriche,
una geometria dell'anima, affascinante e utile.

Mentre vivo la mia giornata sono spesso fuori dal momento presente.
O sto immaginando cosa farò un attimo dopo, domani, tra un anno...
o, al contrario, sto ricordando qualcosa, di recente o di lontano.

Così mi capita che la mente si "incagli" in un pensiero
e ci rimanga per minuti...a volte ore.
E più si incaglia, più i miei sensi si affievoliscono,
diventano opachi, ovattati.
La mente si richiude in se stessa,
tenendo fuori la vita reale,
che continua a fluire con la sua straordinaria bellezza,
ma senza di me.

A volte vedo persone così assorte nei loro film,
che potrei sfilargli i pantaloni e neanche se ne accorgerebbero.
La metropolitana milanese ne fornisce una vasta gamma:
un'intera sfilza di multisala su due gambe,
dalle cui facce, a volte, si percepisce il tipo di film...
storia d'amore, horror, melanconico, comico, porno, intellettuale, poetico, ecc.

Vite inventate o storie passate,
scene negative o realtà edulcorate...
è meglio se restate.

martedì 3 novembre 2009

L'assenza di ali

Il video del post di ieri, quello sul piccolo Kiwi, l'ho trovato tempo fa sul web.
Non l'avevo capito subito.
Ma alla seconda visione mi ha commosso.

Il kiwi.
Un piccolo volatile che non vola.
Una contraddizione in termini.
Un buffo scherzo di natura.
Eppure ha un sogno da realizzare.
Vuole essere uccello che si libra tra gli alberi.

Spinto dallo scopo,
per una vita intera
solleva alberi dieci volte più grandi,
li inchioda uno ad uno al dirupo, poi
si prepara al suo primo e ultimo volo.

Inseguire un sogno per riuscire a realizzarlo
è quotidiana sfida
è memoria costante dello scopo.

Dopo il primo, faticoso, albero
mi sarei rassegnato ad essere solo un Kiwi,
giustificandomi con la mia assenza di ali.

Grazie Kiwi!

Questione di illusione?

KIWI